Con Vasco Brondi in un viaggio unico nei luoghi dell’immaginario tondelliano
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30 Luglio 2025
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Descrizione
“Quest’immagine di un’Italia che non si dà mai per vinta, che inventa a ogni stagione simboli di nuove mondanità per attirare i turisti, che diversifica le sue offerte, dalla vita di spiaggia ai festival del cinema, dalle grandi esposizioni d’arte internazionali al teatro, alla musica, ai megasantuari del divertimento notturno, è esplosa ancora una volta, portando milioni e milioni di presenze sulla sua costa e rendendo quasi un obbligo sociale una passeggiata per Viale Ceccarini a Riccione, un aperitivo al caffè delle Rose di Rimini, un bagno di sole su un qualunque metro quadrato delle sue spiagge.
Spiagge galattiche e detritiche come quelle di Lido Adriano, illuminate, la notte, dalle luci astrali delle raffinerie di Ravenna e dalle lingue di fuoco che segnalano i pozzi. Spiagge a luci rosse per gay, freakkettoni, nudisti, voyeur e campeggiatori liberi, al Lido di Classe, fra dune e canneti. Spiagge anni sessanta, molto boom economico a Milano Marittima e Cervia. Spiagge con colonie a Cesenatico, dove i grandi edifici dell’epoca fascista sembrano castelli di sabbia sorti magicamente nel deserto. E poi la spiaggia di Rimini, brulicante e mitica, con il lungomare, l’acquario dei delfini, il porto, la sagoma di transatlantico del Grand Hotel; la spiaggia di Riccione, dove gli ombrelloni lasciano il posto alle tende orizzontali.
Spiagge che improvvisamente si svuotano nelle ore canoniche dei pasti in albergo e che, la notte, diventano una sorta di alcova sotto le stelle, per gli approcci amorosi e sentimentali, come se i nuovi amori, le nuove attrazioni dei corpi dovessero consumarsi sempre li, nascere di giorno sotto un ombrellone e finire la notte al chiaro di luna: come se davanti al mare, al suo cospetto, tutto nascesse e tutto, inevitabilmente, giungesse al proprio eccitante culmine e alla propria fine”.
Si è aperta con la lettura di un estratto di “Un weekend postmoderno” l’omaggio tra parole e musica di Vasco Brondi a Pier Vittorio Tondelli. Una performance cucita su misura per Rimini che ha permesso al pubblico di un gremito Teatro Galli di essere accompagnato in un viaggio emozionante, dove le pagine dei romanzi dello scrittore di Correggio si fondono con i brani del cantautore, figlio di quegli anni Ottanta raccontati da Tondelli e che con Tondelli condivide il legame, contrastato ma profondo, con l’Emilia. “Per me Tondelli è stato un grande riferimento – ha raccontato Vasco Brondi in apertura di concerto - Io sono cresciuto in Emilia e volevo andarmene di corsa perché mi sembrava che in quei posti non potesse succedere niente. Pensavo fosse impossibile scrivere qualcosa di interessante restando lì. Leggere Tondelli mi ha fatto capire che quei posti potevano invece essere anche epici”.
Un’immersione di oltre un’ora nei luoghi reali e immaginari della costa adriatica, in cui le canzoni hanno dialogato con le pagine di “Un weekend postmoderno” e di “Rimini”, romanzo di cui ricorrono i 40 anni dalla pubblicazione e che la città ricorda grazie ad un cartellone di appuntamenti che va oltre al semplice omaggio, ma mira a raccontare ciò che gli anni Ottanta hanno significato e significano tutt’oggi. Un’influenza di cui Brondi, classe 1984, è vivida espressione, come testimoniato ieri in una generosa performance pensata appositamente per Rimini, quindi “unica e irripetibile”. Una gemma nel programma di Percuotere la Mente che in questa edizione ha orientato il suo viaggio musicale verso gli anni Ottanta, fil rouge di tutta la programmazione culturale del 2025 riminese.
“Le pagine che ho scelto per questa occasione sono descrizioni più che narrazioni – ha spiegato - sembrano canzoni. Tondelli ha avuto la capacità di rendere eterni quegli anni Ottanta, credo che dentro i suoi testi abbia messo una scintilla di eternità che vale ancora adesso. E ha contribuito a rendere questi posti, posti dell'immaginario”.
E poi ancora un ricordo. “Un grande amico di Tondelli, Filippo Betto, racconta di essere andato a trovarlo in ospedale nei suoi ultimi giorni. Quando Filippo gli ha chiesto come stesse, Tondelli gli ha risposto: 'infinitamente triste'. Pensava di non aver lavorato abbastanza, nonostante tutto quello che ci ha lasciato in soli 36 anni. Diceva: ‘passerò alla storia come uno scrittore emiliano minore, cioè non passerò alla storia in nessun modo’. Quarant'anni dopo l’uscita di Rimini invece siamo qua, con la sua voce che ci accompagna. E’ una grande risposta che spero, in qualche modo, gli arrivi. E’ un piacere portare qui la voce di Tondelli”.