Lettera aperta della vicesindaca con delega alle politiche educative del comune di Rimini, Chiara Bellini, sul grave episodio di violenza avvenuto nella Scuola Superiore Alberti

Quanto accaduto riguarda l’intera comunità riminese.

Data di pubblicazione

Gentile Direttore,

il drammatico fatto accaduto ieri alla Scuola Superiore ‘Alberti’ merita molto più che una riflessione pigra, un commento di pancia, la classica e fuorviante divisione tra ‘colpevolisti’ e ‘giustificazionisti’ che emerge nella rappresentazione superficiale. Qui le vittime sono due, come due sono le famiglie sconvolte a atterrite da un episodio di violenza inaspettata. Avvenuto a scuola, il luogo dell’educazione, la stanza del futuro individuale e collettivo. 

Non siamo di fronte, per intenderci, a scenari di emarginazione o di disagio estremo. Quelle coinvolte sono famiglie normali e studenti con una traiettoria scolastica adeguata, se non addirittura buona. Una scuola in prima linea per favorire l'inclusione e contrastare il disagio giovanile, con docenti coinvolgenti e stimolanti e una dirigente che negli ultimi anni ha fatto un grande lavoro didattico, organizzativo e di relazione. Ecco allora che questa apparente normalità rende ancora più urgente un interrogativo, una domanda e, contemporaneamente, l’esigenza di una presenza, di una risposta. Per tutto questo quanto accaduto riguarda l’intera comunità riminese, al di là delle formali competenze amministrative di una Provincia o quelle didattiche del corpo docente. 

È la comunità riminese a doversi fare carico di quanto accaduto e interrogarsi perché davanti abbiamo non un colpevole e una vittima ma ragazzi, compagni di banco, adolescenti, poco più che bambini ai quali è accaduta ieri una cosa che non potranno più dimenticare. E così per le loro famiglie. Vanno aiutati entrambi, vanno sostenute le famiglie. Così ho fatto anche io questa mattina., personalmente. Condivido le parole della preside Berardi, che ho sentito lungamente ieri. Parole però che rischiano di perdersi nel frullatore che è già partito, con commenti e opinioni che non riescono a uscire, se non raramente, da uno stereotipo evidentemente facile da comprendere. 

Avventurarsi nei meandri di un gesto choc non è compito di nessuno e mai nessuno vi riuscirà ma, credo, le uniche parole pubbliche che oggi vale la pena di ascoltare sono quelle della preside. Sono parole di una insegnante, di una donna, di una mamma che non vogliono togliere aria alle responsabilità che toccherà alla Legge naturalmente accertare, ma configurare l’accaduto per quello che è, dalla voce della scuola. Oggi le parole che contano, che devono contare sono queste. Il dovere nostro, della comunità di Rimini è di capire. Davanti a noi ci sono due ragazzi, allo stesso modo vittime di una cosa più grande e drammatica di loro. Sono loro che dobbiamo aiutare.  

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Ultimo aggiornamento

11/02/2024, 00:10